Dedico questo blog a mia madre, meravigliosa farfalla dalle ali scure e dal cuore buio, totalmente priva del senso del volo e dell'orientamento e, per questo, paurosa del cielo aperto. Nevrotica. Elusiva. Inafferrabile.

martedì 5 febbraio 2008

La cattiva madre

Ogni volta era come portare sulle spalle una pesante croce, con su inchiodati gli occhi smarriti di mia madre.
A volte avrei voluto gridarle, ehy scendi da lassù, non ce la faccio a trascinarmi dietro il tuo fottuto peso!
A volte avrei voluto avere una pistola per uccidere quello sguardo.
A volte avrei voluto semplicemente uccidermi.
Ancora oggi quella croce è piantata lì da qualche parte del mio cervello.
Ancora oggi i suoi occhi continuano, ossessivi, a fissarmi.

Il chiarore lattiginoso delle stelle penetra a stento il fitto merletto delle tende per poi disperdersi nel vuoto concavo della stanza.
Fuori imperversa la notte con le ombre dei rami che, come dita adunche, indicano improbabili sentieri di fuga sotto la falce stinta della luna.
Prigioniera in quella grossa ragnatela che è ormai la mia casa, senza nessuna via di scampo, sento l'ombra implacabile di mia madre respirarmi addosso.
Non mi avrebbe dunque mai lasciato andare?
Sarei mai stata davvvero libera?
Tutto quello che voglio è spalancare queste mie ali nere per poter finalmente sprofondare in quel tumultuoso cielo notturno che s'allarga dietro i riquadri della finestra.
Poi rivedo il suo sguardo implorante e smarrito.
Non ce la faccio più a sopportare l'ossessione di quegli occhi.
Non ce la faccio più a sostenere il peso della croce.
Quel latte che succhiato dal suo seno immagino sia stato dolce, col passare degli anni ha fermentato, amaro e cattivo, avvelenandomi la vita. Non ha mai reciso il cordone ombelicale che da sempre, come un grosso serpente, mi strozza la gola, ricacciando nell'infimo dei visceri l'urlo disperato della vita che lotta per uscire. Brancola, inciampando, nel buio del suo amore malato, totalmente cieca alle mie metamorfosi si ostina a trattenermi in quell'utero, così strettamente sigillato, dove io sarei stata per sempre il feto e lei la placenta.
L'ho amata nel mio odio e odiata nel mio amore, finchè un giorno l'ho soltanto odiata.

Sono queste mie ali nere, penosamente atrofizzate, la pesante croce che porterò per sempre sulle spalle con su inchiodati gli occhi smarriti della mia cattiva madre.
A volte le grido ehy, scendi da lassù, non ce la faccio a trascinarmi dietro il tuo fottuto peso.
A volte vorrei una pistola per uccidere quello sguardo.
A volte vorrei semplicemente uccidermi.

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